TORO,
1600 abitanti, sul versante collinare della fondovalle del Tappino (588
metri s.l.m.), a 12 chilometri da Campobasso, si porge al visitatore con
le blandizie di una bella donna, specie la domenica mattina, inondata di
sole. Piazza del Piano, “arengo ciarliero dei sogni” secondo Emilio
Spensieri, pullula di battute, sorrisi, ammiccamenti.
Ma,
sulle prime, è bene sfuggire all’abbraccio della piazza, resistere al
richiamo degli sguardi luminosi della sana gioventù a passeggio e
tuffarsi, invece, nel dedalo di viuzze deserte, le
o ruve di boccaccesca memoria e diretta derivazione latina, che si
dipanano dal sagrato della chiesa. Le rue sorprendono (come sorpresero
Longano nel Settecento) con splendidi colpi d’occhio su un panorama che
incastona una dozzina di comuni limitrofi, spaziando dalle cime del Matese,
alla valle del Tappino, ai lontani contrafforti del subappenino dauno. Né può essere altrimenti,
se è stata proprio l'altezza del sito a dare il
che nell'equivalente termine della bassa latinità significa
"Collis cacuminatus et rotundus" cioè "colle aguzzo e
rotondo". Non a caso, la terrazza (la loggia) si propone come motivo
architettonico ricorrente delle costruzioni locali. Così la chiesa
parrocchiale del
ha la sua loggia, affiancata su quella naturale che è data
dal sagrato; e un’altra ancora ha, sul torrione del campanile a
strapiombo sul Barbacane, a spiare la piazza
del Piano. Incantevole, poi la visione che offre, a chi si
arrampica fin lassù, la loggia del campanile; non beninteso la cella
campanaria, ma il tetto a terrazza, proprio della torre.
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