Fissiamo l'obiettivo sull'episodio più importante della festa popolare
del Corpus Domini: la processione del Santissimo Sacramento. Vale la
pena di tuffarsi in mezzo al verde e ai fiori che adornano le vie e gli
slarghi di Toro, e godere anche della mostra delle coperte di seta ai
balconi.
Ci tiene per mano un grande, grandissimo scrittore. La sua processione è
vista con gli occhi di una vecchia popolana. Non torese, e torese, nello
stesso tempo. Soprattutto, una di quelle vecchie devote senza tempo e
senza patria che esprimono la fede ingenua del popolo con un ninnolo, un
fiore, un velo, con cui abbellire l'altarino sotto casa. E si crucciano
quando non possono mettervi nulla. E allora pensano alle cose più
strane. Ovviamente non decorose, secondo le obiezioni delle vicine.
E la processione di oggi è ancora e sempre la stessa processione di
tanti anni fa, quando i prati mandavano l'odore dell'estate; le mosche
ronzavano; il sole faceva luccicare il fiume, riscaldava i tegoli di
ardesia”. La fede non ha riferimenti temporali. Ancora oggi come allora
(piegando l'imperfetto al presente):
Tutti i bambini delle scuole, i cantori e i suonatori della banda
camminano sui marciapiedi, mentre in mezzo alla strada avanzano per
primi: il cerimoniere armato di stendardo, il sagrestano con una grande
croce, il maestro che sorveglia i ragazzi, la suora indaffarata intorno
alle bambine; tre delle più carine, ricciolute come angeli, lanciano in
aria petali di rose; il diacono a braccia aperte dirige la musica; e due
con gli incensieri si girano ad ogni passo verso il Santissimo
Sacramento, che il parroco vestito della sua bella pianeta porta sotto
un baldacchino di velluto rosso vivo sorretto da quattro fabbricieri.
Una fiumana di gente si pigia dietro, tra le tovaglie bianche che
coprono i muri delle case”.
La processione si avvicina alla casa della vecchia devota. Si
distinguono il ronzio degli ottoni, le voci chiare dei bambini, la voce
profonda degli uomini. Tutto tace a tratti, e il picchettio dei passi,
che i fiori smorzano, fa come un rumore di un gregge sull'erba”.
Ed eccola, finalmente, la processione davanti allo sfarzo dell'altarino
rionale. Ghirlande verdi pendono sull'altare, ornato di una gala a punto
inglese. C'è nel mezzo una cornicetta che racchiude alcune reliquie, due
alberelli di arancio negli angoli e, tutt’attorno, candelieri d'argento
e vasi di porcellana, dai quali si levano girasoli, gigli, peonie,
digitali, ciuffi di ortensie. Questa massa di colori vivaci scende
obliquamente dal primo piano fino al tappeto, prolungandosi sul
selciato: e cose rare attirano gli sguardi. Una zuccheriera d'argento
dorato ha una ghirlanda di violette, pendenti di pietre di Alençon
brillano sul muschio, due paraventi cinesi mostrano i loro paesaggi”.
Adesso la cerimonia impone di chinare il capo in attesa della
benedizione. I fabbricieri, i cantori, i bambini si dispongono sui tre
lati del cortile. Il prete sale lentamente i gradini, e posa sul
merletto il suo grande sole d'oro raggiante. Tutti si inginocchiano. Si
fa un grande silenzio. E gli incensieri, andando rapidi su e giù,
scivolano sulle catenelle”.
Non resta che ringraziare la guida. Da grande scrittore qual è, Gustave
Flaubert nella processione di Pont-l'Evèque in Normandia ha ritratto in
emblema tutte le altre processioni del Corpus Domini del mondo
cattolico. E però, in modo particolare, vi ha ritratto le processioni
dei paesini del Molise, o, se vogliamo, la processione di Toro. Uno dei
paesini di questa nostra terra, che dalla Normandia può avere avuto il
nome, grazie alla gloriosa stirpe dei conti normanni di Molise. |