Ininterrottamente, dal 1983 ad oggi, ha presentato mostre personali e
collettive in Italia e all'estero, proponendosi come uno dei più
interessanti artisti molisani contemporanei.
Per le implicazioni di carattere storico, artistico e sociale, vogliamo
sottolineare soprattutto il merito di Dante Gentile Lorusso come
scopritore e valorizzatore della eccezionale produzione degli artisti
oratinesi dei secoli passati, disseminata nelle parrocchiali e nei
monasteri del Contado di Molise, dell'Abruzzo, della Campania beneventana,
della Puglia di Capitanata.
Da studioso umile e appassionato, Dante Gentile
Lorusso ha vissuto l'avventura entusiasmante e, per gli scettici, ritenuta
disperata, di rintracciare qui una pala d'altare, là una statua, più oltre
un portale, e poi, ancora, uno stucco, una doratura, una cartella di
accademie o di studi preparatori. Senza tralasciare le polverose e non
meno coinvolgenti investigazioni documentarie in archivi pubblici e
privati. Lungo l'arco di più di un ventennio, ciò che in partenza si
condensava in scarne suggestioni libresche del buon arciprete Angelo
Tirabasso si è andato via via aprendo ad accogliere un mondo di nuovo
brulicante di vita, attorno ai nomi dei
Brunetti, i Falocco,
i Latessa, i Giovannitti, i Salati, i Petti, e di chissà quanti altri, che
lungo il percorso di ricerca Gentile Lorusso rinverrà nel futuro.
Grazie a lui, pittori e botteghe artigiane di doratori, scalpellini e
vetrai di Oratino, tra il XVII e il XIX secolo, sono tornati a
testimoniare l'anelito estetico di una provincia, cui tale anelito, di
norma, è negato senz'altro a priori.
Carmine Latessa, per esempio, scultore. Solo la morte precocissima gli
vietò di cogliere i frutti dell'apprendistato napoletano presso il
rinomato Giacomo Colombo. Il 19 settembre 1719, quando poco più che
ventenne, se ne ritornò a morire a Oratino, Carmine Latessa aveva già
scontato il debito con l'arte. In cambio osò sperare nella poetica e
patetica sopravvivenza del nome e dell'ispirazione. Di lì a qualche mese,
la bella
Madonna del Rosario, l'unica sua opera
firmata, lasciò la bottega napoletana e raggiunse la nicchia predestinata
della Chiesa del SS.mo Salvatore a Toro. Nel nostro centro, nella Chiesa
del Convento dei Frati Minori, si conservava un'altra opera lignea del
giovane talento scomparso: per venerare la serena e composta maestosità
del
crocifisso, giungevano a Toro
in processione anche i fedeli di Campobasso.
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