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A un mese dalla crisi amministrativa, Toro rimane nel caos. Si parla di sei o sette aspiranti sindaci e altrettante liste in cantiere. | È passato un mese da quando, il 14 febbraio scorso, sette consiglieri comunali, tre di maggioranza e quattro di minoranza, hanno preso il coraggio a due mani per dimettersi e porre la parola fine all’esperienza amministrativa del sindaco Cofelice e della sua giunta. Le dimissioni contestuali sono stato un atto grave sì, ma anche carico di speranza per le sorti del paese. Se alla base dell’iniziativa c’è stata davvero la volontà di trovare una soluzione alla evidente incapacità dell’amministrazione in carica a fronteggiare i problemi che attanagliano Toro e i toresi, allora i dimissionari hanno accettato anche un impegno implicito. Che è quello di adoperarsi unitariamente per arrivare a un’amministrazione nuova, capace di fronteggiare e risolvere i problemi e ricucire il sostrato sociale del paese, liso e ulteriormente lacerato dal loro gesto.
Ci saremmo aspettati, quindi, che per onorare questo impegno i tre consiglieri di maggioranza, Cutrone, Lamenta e Colledanchise, e i quattro consiglieri di minoranza, Quicquaro, Parziale, Ruggiero e Di Paolo, si fossero mossi per catalizzare l’interesse della comunità e insieme abbozzare il programma e cercare le persone in grado di realizzarlo in qualità di sindaco, assessori, consiglieri, simpatizzanti esterni. L’impressione, invece, è che dopo il gesto unitario per sbalzare di sella Cofelice, i comunicati per giustificare il gesto, e la riunione al Mizar per sondare gli animi, i sette dimissionari abbiano abdicato al loro compito di coscienza critica della collettività. E che oramai partecipino, come altri, alla sarabanda delle candidature.
Le voci e le impressioni raccolte a un mese della crisi lasciano credere che la realtà torese sia ridotta a una sorta di esercito di Francischiello, tutti ufficiali e qualche povero cristo di soldato. Ossia, tutti candidati sindaco e non si capisce chi dovrebbero essere i poveri cristi dei consiglieri. Soprattutto non si capisce quale programma, questo esercito di aspiranti sindaci promotori di sei o sette liste dovrebbe andare a realizzare. Né si capisce come mai a seguito della dimissione in blocco, i dimissionari non cerchino con tutte le loro forze di trovare un terreno comune per fare incontrare gli aspiranti sindaci, ridurre al buon senso le loro personali aspirazioni e addivenire a una lista unitaria, fatta di un aspirante sindaco credibile, due o tre aspiranti assessori credibili a loro volta e tanti consiglieri di buona volontà.
I problemi di Toro sono sotto gli occhi di tutti. Se davvero intendono risolverli, gli aspiranti sindaci dal canto loro facciano un bagno di umiltà. Rinuncino a personalismi velleitari, lascino perdere i rituali dei politicanti e degli opportunisti di sempre, cerchino di ricucire i brandelli del tessuto sociale, stilino un programma adeguato alle esigenze del paese e si adoperino per realizzarlo. Ai fedeli dell’ex sindaco Cofelice va concessa una possibilità di rivalsa. Facciano una loro lista. Tutti quelli che non li riconoscono politicamente attrezzati a fronteggiare i problemi di Toro si coalizzino in una lista unitaria, senza disperdere inutilmente i voti. Una lista di simpatizzanti della vecchia amministrazione, dunque, e una lista di innovatori: solo due liste, non una in più per il bene del paese. La recente storia amministrativa di Toro insegna che la frantumazione non porta bene al paese.
| Archivio Cerca Più recenti Invia Stampa 15/03/07 by Staff |
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